IN OSTERIA TRA VINO E POESIE
Serata particolare quella di sabato sera. Mi sono piegato al volere della mia dolce metà e l'ho accompagnata alla presentazione di un libro di poesie scritto da una ragazza di Maserada vittima, un anno fa, di un incidente stradale. Presentazione voluta dai genitori per ricordare la figlia e per raccogliere fondi in favore di un istituto per disabili. Musica classica e poesie: non proprio il mio ideale di divertimento, ma si fa anche questo. La serata però mi ha fatto venire in mente un'esperienza analoga di, ormai, una decina di anni fa. Per un giornale andai a seguire una gara di versi organizzata in un'osteria trevigiana, Ponte Dante. Beh, quella sì che fu una serata magnifica. L'osteria, per chi non la conosce, è un classico locale trevigiano: piccolo, arredato in modo molto semplice, tavoli in legno, sedie in paglia, ambiente fumoso (allora si poteva). In gara c'erano cinque poeti: tipi da osteria ma, a loro modo, originali. Alternavano un verso e un bicchiere di vino, rigorosamente rosso, e io con loro (con il vino, naturalmente). Attorno i commenti degli avventori, i brindisi, le battute, gli applausi. Non leggevano un testo, ma recitavano a memoria. Una poesia dietro l'altra, qualche volta improvvisando ma sempre a voce alta, impostata a tratti magnetica.
Io prendevo appunti, ma gran parte dei versi erano irripetibili. L'atmosfera era però stupenda, favorita da un clima autunnale e dalla nebbia che invogliava a starsene al chiuso magari assaggiando un folpetto o un nervetto. E sorseggiando un rosso passabile. Non ricordo più chi vinse il certamen, forse la spuntò un tipo biondo con la barba che ad un certo punto si mise a declamare in piedi sul tavolo prima che l'oste lo facesse scendere con parole che di poetico avevano davvero poco. Le poesie di quella sera non erano banali, con rime baciate e arrangiate l'una accanto all'altra. Anzi. Parlavano di vino, amore, campagna, di una Treviso bella ma che non c'è più, sempre che sia veramente esistita.
Alla fine ne uscì un pezzo decente, centrato più sull'atmosfera che sul contenuto culturale. Il capo lo approvò con un grugnito e tanto mi bastò. Ma una serata come quella non l'ho più rivissuta.
Io prendevo appunti, ma gran parte dei versi erano irripetibili. L'atmosfera era però stupenda, favorita da un clima autunnale e dalla nebbia che invogliava a starsene al chiuso magari assaggiando un folpetto o un nervetto. E sorseggiando un rosso passabile. Non ricordo più chi vinse il certamen, forse la spuntò un tipo biondo con la barba che ad un certo punto si mise a declamare in piedi sul tavolo prima che l'oste lo facesse scendere con parole che di poetico avevano davvero poco. Le poesie di quella sera non erano banali, con rime baciate e arrangiate l'una accanto all'altra. Anzi. Parlavano di vino, amore, campagna, di una Treviso bella ma che non c'è più, sempre che sia veramente esistita.
Alla fine ne uscì un pezzo decente, centrato più sull'atmosfera che sul contenuto culturale. Il capo lo approvò con un grugnito e tanto mi bastò. Ma una serata come quella non l'ho più rivissuta.
3 Comments:
quella treviso esiste ancora, perché sono le persone a fare una comunità: basta cercarle volendo cercare... sembrerebbe quasi che tu abbia superato i 70 anni, con le malinconie dei tempi andati
... sei davvero così vecchio/a? e ti intendi di blog? complimenti!
In realtà sono ancora piuttosto giovane e non è che mi intenda poi così tanto di blog. Mi piace però ricordare posti, personaggi e avvenimenti. Ma cosa c'è di meglio dei ricordi? Sono dell'idea che non dimenticare il passato ci aiuti ad affrontare il futuro (grande banalità, me ne scuso).
sono d'accordo con te su questo fatto,altroché, ma quando parli del presente hai la stessa malinconia... la stessa che aveva qualche anno fa una mia cara amica, stanca del proprio lavoro e dell'andazzo di tutti i giorni che non cambiava mai... comunque non badarmi, ho le patturnie oggi e non mi devi prendere sul serio...
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