Diciamocelo pure: Luciano Moggi è stato un pirla. Lo dimostrano i fatti. E' stato pirla perchè per vincere ha prima costruito una squadra fortissima facenda leva non sul portafolgio di un presidente ricchissimo e tontolone, ma su l'impostazione managerale della sua società. E' stato pirla perchè ha saputo crearsi una serie di contatti e rapporti che, in un'azienda normale, sono il pane di qualsiasi manager. E lo ha fatto con un'abilità tale che uno come Piero Ostellino, non proprio un ultras, ha candidamente ammesso che all'estero la capacità di formare e gestire reti simili la insegnano nelle facoltà di economia ai futuri dirigenti.
E' stato un pirla perchè, invece di affannarsi tanto, alla fine avrebbe potuto vincere ugualmente semplicemente prendendosi come suo vice il presidente della principale azienda di telefonia del paese. Forse, tutto sommato, gli sarebbe costato anche meno. Attraverso lui avrebbe potuto sputtanare il suo principale concorrente con una mossa semplicissima: rendendo pubblici spezzoni di telefonate attentamente selezionate e lette con la lente maliziosamente distorta di qualche giornalista compiacente. Poi avrebbe potuto passare all'altro nemico: il presidente di una federazione qualsiasi, azzerato con lo stesso sistema. A quel punto il gioco sarebbe stato fatto. Sull'onda giustizialista sapientemente governata dalla stampa maliziosa e amica della sua città (guarda caso la più influente del paese), avrebbe potuto mettere a capo della suddetta federazione un amico di lunga data già gratificato in passato con incarichi di prestigio nella sua società. E questo nuovo capo avrebbe potuto riscrivere le regole a suo piacimento, pretendere una giustizia ridicola e addomesticata che azzoppasse gli avversari e, dulcis in fundo, porgergli su un piatto d'argento quello scudetto vanamente inseguito sul campo. Per questo Moggi è stato un pirla.
Invece Guido Rossi, da commissario della Fgic, è diventato presidente della Telecom.