CORRIERE NELLA MORSA DELL'INPGI
Allarme al Corriere Veneto. In questi giorni le redazioni sono sottoposte ad un capillare controllo degli ispettori Inpgi. L'istituto di previdenza ha il sospetto che il giornale utilizzi dei collaboratori come se fossero redattori ma senza pagare i contributi. In soldoni, ma il discorso dovrebbe essere più lungo e articolato, la storia è questa. La mia solidarietà va ai colleghi del Corriere per due motivi:
1. La più totale avversione e antipatia che suscita in me la sola parola "Inpgi", soprattutto "Inpgi 2" emanazione del primo ma comunque un istituto nato per vessare chi non ha un contratto e nessuna garanzia, ma che è costretto però a pagare contributi altissimi ogni anno versandoli di tasca propria. Sono d'accordo con la legge che obbliga tutti ad avere una cassa previdenziale, ma non sono d'accordo col fatto di dover per forza versare i miei soldi ad un istituto che preleva cifre altissime (un giornalista free lance paga contributi più alti rispetto ad un architetto libero professionista pur guadagnando di meno, e questo è solo un esempio) ed è pronto a staccare multe altissime per ogni minimo ritardo. Visto che i contributi devo pagarmeli da solo, visto che non ho diritto a nulla, perchè non posso essere libero di scegliere il fondo pensione che voglio, ai tassi che voglio e con i versamenti che voglio? Perchè nel mondo del giornalismo chi non ha contratto ha solo doveri e nessun diritto?
2. In genere queste ispezioni finiscono in maniera drammatica per i collaboratori. L'Inpgi accerta che il giornale si serve di non contrattualizzati per svolgere delle mansioni da redattori e (come al solito) stacca una multa. L'editore paga, poi però penalizza i collaboratori togliendo spazi, riducendo i carichi di lavoro e di conseguenza i compensi. Ma non assume nessuno creando un danno anche ai redattori costretti a ritmi forsennati per chiudere il giornale. E così il povero collaboratore si ritrova l'unico ad essere veramente penalizzato. E' successo in altri giornali, mi auguro che non capiti anche al Corriere. Ma sono pessimista.
1. La più totale avversione e antipatia che suscita in me la sola parola "Inpgi", soprattutto "Inpgi 2" emanazione del primo ma comunque un istituto nato per vessare chi non ha un contratto e nessuna garanzia, ma che è costretto però a pagare contributi altissimi ogni anno versandoli di tasca propria. Sono d'accordo con la legge che obbliga tutti ad avere una cassa previdenziale, ma non sono d'accordo col fatto di dover per forza versare i miei soldi ad un istituto che preleva cifre altissime (un giornalista free lance paga contributi più alti rispetto ad un architetto libero professionista pur guadagnando di meno, e questo è solo un esempio) ed è pronto a staccare multe altissime per ogni minimo ritardo. Visto che i contributi devo pagarmeli da solo, visto che non ho diritto a nulla, perchè non posso essere libero di scegliere il fondo pensione che voglio, ai tassi che voglio e con i versamenti che voglio? Perchè nel mondo del giornalismo chi non ha contratto ha solo doveri e nessun diritto?
2. In genere queste ispezioni finiscono in maniera drammatica per i collaboratori. L'Inpgi accerta che il giornale si serve di non contrattualizzati per svolgere delle mansioni da redattori e (come al solito) stacca una multa. L'editore paga, poi però penalizza i collaboratori togliendo spazi, riducendo i carichi di lavoro e di conseguenza i compensi. Ma non assume nessuno creando un danno anche ai redattori costretti a ritmi forsennati per chiudere il giornale. E così il povero collaboratore si ritrova l'unico ad essere veramente penalizzato. E' successo in altri giornali, mi auguro che non capiti anche al Corriere. Ma sono pessimista.
4 Comments:
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
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Ah, leggo un po' di nostalgia per la servitù della gleba...
Ecco un esempio tipico di chiacchiere da bar...
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