SAGA BIANCOCELESTE
Riassumiamo un po' la situazione Treviso calcio? Premetto che vado a memoria, a braccio, qualche imprecisione può scappare.
Giugno: il Treviso perde le ultime partite, play off compresi, però arriva quinto in serie B, miglior risultato mai raggiunto dalla squadra.
Luglio: si comincia a sperare in una clamorosa promozione in in serie A. Genoa, Torino e Perugia, tutte davanti a biancocelesti, per un motivo o per l'altro rischiano o l'esclusione dal massimo campionato o di non essere pronte per eventuali ripescaggio (Perugia). Treviso e Ascoli invece stanno benissimo e si candidano per i due posti lasciati liberi. In città comincia a circolare una domanda: "se si va in A, dove si giocherà?". Il vice sindaco Giancarlo Gentilini dice "al Tenni" e promette di ampliarlo appena si avrà la matematica certezza della promozione. Si fanno anche altre ipotesi: Trieste o Padova, ma solo per disputare le prime giornate.
Agosto: Serie A sempre più vicina, prima di ferragosto arriva l'ufficialità. Arriva anche una mazzata: non si può giocare al Tenni, troppo piccolo e poco sicuro. Il sindaco Gobbo e Gentilini in coro: "Pensiamo ad un nuovo stadio in periferia".
Passa qualche giorno: Gobbo tace e Gentilini fa le capriole: "Nuovo stadio? Mai! Costa troppo". Un dietrofront completo.
Sbuca un'altra ipotesi, giocare a Monigo nel tempio del rugby. E' meno capiente del Tenni, ma può essere ampliato più facilmente. Gentilini: "Giocare a Monigo? Non se ne parla nemmeno".
La società annuncia: "Andiamo a Padova". I dirigenti dicono ai tifosi più dubbiosi: "Niente paura, non è lontano. Un milanese che abita in periferia ci mette due ore ad arrivare a San Siro. Per andare da Treviso a Padova ci vuole meno". Sembrano quasi convincenti e fanno il record di abbonamenti (per la media di Treviso, non certo per la serie A).
I politici insistono: "Bisogna stare al Tenni". Inizia un sottile lavoro di mediazione tra Roma e Milano per strappare la deroga necessaria. Gentilini annuncia: "Posso ampliare il Tenni al massimo a 12.500 posti". La Lega Calcio per concedere la deroga ne chiede almeno 15mila e per tre volte respinge le richieste che arrivano dalla Marca. Non tramonta l'ipotesi nuovo stadio in periferia, ma Gentilini non vuole spendere soldi pubblici: "Che si facciano avanti gli imprenditori".
Inizia il campionato: altro che San Siro. Per una partita casalinga il trevigiano medio deve mettere in conto di stare lontano da casa almeno cinque ore. Chi va allo stadio per lavoro non se la cava con meno di otto ore. Autostrada, code, traffico, rapine. Si, rapine. Quelle perpretate ai danni dei tifosi che per parcheggiare devono pagare 4 euro. E non si sgarra.
Settembre. Il cammino del Treviso in serie A è entusiasmante: becca 3 gol a Milano con l'Inter (ma non importa per i trevigiani andare a San Siro è una festa e poi siamo ancora in agosto...), 1 in casa con Livorno, 3 a Roma con la Lazio, 2 in casa con la Sampdoria, altri 2 in casa dal Milan. In tutto 11 gol subiti e 1 fatto, a Roma contro la Lazio con un calcio di punizione di Pinga aiutato da un Peruzzi distratto. Cinque giornate (tre partite casalinghe), zero punti. Capitan Gallo: "Giocare in questo stadio (l'Euganeo ndr) per noi giocatori è devastante". Anche per noi non giocatori...
Continua, sotterranea, l'azione politica. A Roma spunta un emendamento al decreto Pisanu che potrebbe riportare il Treviso al Tenni. Ottimismo. L'imprenditore Mosole offre al Comune un terreno su cui costruire un nuovo stadio, il segnale che voleva Gentilini. Che però gela tutti: "Non mi risulta che Mosole abbia terreni all'interno del comune di Treviso. Lo stadio deve rimanere in città". Altra piroetta del sindaco (vice)-Sceriffo.
L'emendamento procede bene, ma la società scombina le carte in tavola. Il vice presidente Giangiuseppe Lucchese convoca una conferenza stampa e annuncia: "A Padova siamo penalizzati, vogliamo tornare a Treviso. Potremmo giocare a Monigo". I cugini del rugby accolgono la proposta con sonore pernacchie: "Monigo è casa nostra" e chiudono ogni discorso. Gentilini e i politici trasecolano, l'idea della società suscita irritazione: "Ma come? Stiamo lavorando per tornare al Tenni e questi remano contro?". Quando si dice fare sistema...
Alla prossima puntata.
Giugno: il Treviso perde le ultime partite, play off compresi, però arriva quinto in serie B, miglior risultato mai raggiunto dalla squadra.
Luglio: si comincia a sperare in una clamorosa promozione in in serie A. Genoa, Torino e Perugia, tutte davanti a biancocelesti, per un motivo o per l'altro rischiano o l'esclusione dal massimo campionato o di non essere pronte per eventuali ripescaggio (Perugia). Treviso e Ascoli invece stanno benissimo e si candidano per i due posti lasciati liberi. In città comincia a circolare una domanda: "se si va in A, dove si giocherà?". Il vice sindaco Giancarlo Gentilini dice "al Tenni" e promette di ampliarlo appena si avrà la matematica certezza della promozione. Si fanno anche altre ipotesi: Trieste o Padova, ma solo per disputare le prime giornate.
Agosto: Serie A sempre più vicina, prima di ferragosto arriva l'ufficialità. Arriva anche una mazzata: non si può giocare al Tenni, troppo piccolo e poco sicuro. Il sindaco Gobbo e Gentilini in coro: "Pensiamo ad un nuovo stadio in periferia".
Passa qualche giorno: Gobbo tace e Gentilini fa le capriole: "Nuovo stadio? Mai! Costa troppo". Un dietrofront completo.
Sbuca un'altra ipotesi, giocare a Monigo nel tempio del rugby. E' meno capiente del Tenni, ma può essere ampliato più facilmente. Gentilini: "Giocare a Monigo? Non se ne parla nemmeno".
La società annuncia: "Andiamo a Padova". I dirigenti dicono ai tifosi più dubbiosi: "Niente paura, non è lontano. Un milanese che abita in periferia ci mette due ore ad arrivare a San Siro. Per andare da Treviso a Padova ci vuole meno". Sembrano quasi convincenti e fanno il record di abbonamenti (per la media di Treviso, non certo per la serie A).
I politici insistono: "Bisogna stare al Tenni". Inizia un sottile lavoro di mediazione tra Roma e Milano per strappare la deroga necessaria. Gentilini annuncia: "Posso ampliare il Tenni al massimo a 12.500 posti". La Lega Calcio per concedere la deroga ne chiede almeno 15mila e per tre volte respinge le richieste che arrivano dalla Marca. Non tramonta l'ipotesi nuovo stadio in periferia, ma Gentilini non vuole spendere soldi pubblici: "Che si facciano avanti gli imprenditori".
Inizia il campionato: altro che San Siro. Per una partita casalinga il trevigiano medio deve mettere in conto di stare lontano da casa almeno cinque ore. Chi va allo stadio per lavoro non se la cava con meno di otto ore. Autostrada, code, traffico, rapine. Si, rapine. Quelle perpretate ai danni dei tifosi che per parcheggiare devono pagare 4 euro. E non si sgarra.
Settembre. Il cammino del Treviso in serie A è entusiasmante: becca 3 gol a Milano con l'Inter (ma non importa per i trevigiani andare a San Siro è una festa e poi siamo ancora in agosto...), 1 in casa con Livorno, 3 a Roma con la Lazio, 2 in casa con la Sampdoria, altri 2 in casa dal Milan. In tutto 11 gol subiti e 1 fatto, a Roma contro la Lazio con un calcio di punizione di Pinga aiutato da un Peruzzi distratto. Cinque giornate (tre partite casalinghe), zero punti. Capitan Gallo: "Giocare in questo stadio (l'Euganeo ndr) per noi giocatori è devastante". Anche per noi non giocatori...
Continua, sotterranea, l'azione politica. A Roma spunta un emendamento al decreto Pisanu che potrebbe riportare il Treviso al Tenni. Ottimismo. L'imprenditore Mosole offre al Comune un terreno su cui costruire un nuovo stadio, il segnale che voleva Gentilini. Che però gela tutti: "Non mi risulta che Mosole abbia terreni all'interno del comune di Treviso. Lo stadio deve rimanere in città". Altra piroetta del sindaco (vice)-Sceriffo.
L'emendamento procede bene, ma la società scombina le carte in tavola. Il vice presidente Giangiuseppe Lucchese convoca una conferenza stampa e annuncia: "A Padova siamo penalizzati, vogliamo tornare a Treviso. Potremmo giocare a Monigo". I cugini del rugby accolgono la proposta con sonore pernacchie: "Monigo è casa nostra" e chiudono ogni discorso. Gentilini e i politici trasecolano, l'idea della società suscita irritazione: "Ma come? Stiamo lavorando per tornare al Tenni e questi remano contro?". Quando si dice fare sistema...
Alla prossima puntata.
12 Comments:
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Non ho letto i giornali di ieri, ma mi sembra manchi il determinante contributo di Zaia. Di solito, in questi casi, fa sempre prendere aria alla bocca...
Strano a dirsi ma ieri, prezzemolino Zaia, non ha proferito verbo. Ma su di lui sto preparando un post interessante. Comunque il suo contributo, in tutta questa vicenda, non è mancato come ben sai.
>il suo contributo, in tutta questa vicenda, non è mancato come ben sai
Deve essere stato così importante che non me lo ricordo più... Me lo rammenti in due frasi (oltre, naturalmente, a essere stato il primo sponsor gratuito del Treviso con la "sponsorizzazione" della Provincia)?
Intendevo il contributo in prese di posizione inopportune e demagogiche, in proposte strampalate (presente l'azionariato popolare modello Real o Barcellona?), minacce risibili come quella di scendere in piazza a protestare pur di giocare al Tenni (e chi lo ha mai visto: allo stadio non viene mai, nell'unica manifestazione di piazza non s'è fatto vedere e ha disertato pure la presentazione ufficiale della squadra). Come vedi, il suo contributo non è mai mancato.
L'azionariato popolare e la minaccia di manifestazioni di piazza me le ricordavo (perché nessuno gli ha mai chiesto e nessuno ha mai scritto perché ha rinunciato?), credevo avesse fatto anche qualcosa di concreto. Ma sarebbe stato stupefacente, a meno che non avesse progettato una rotonda intorno al Tenni...
Bella la rotonda attorno al Tenni.... :-))
Nel soggiorno di casa tua passerebbe giusto giusto uno degli svincoli, ma non ti preoccupare, il buon Zaia ti farebbe fare subito una variante al progetto... ;-)
Sì, per farmela passare in cucina... :-))
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